PATOLOGIE

Patologie

Autore: Paolo Bulgheroni 09 ott, 2022
IL DOLORE ANTERIORE DI GINOCCHIO Se provate un dolore anteriore al ginocchio che si accentua nel salire e, soprattutto nello scendere le scale, che vi impedisce di mantenere la posizione accosciata o semplicemente provate fastidio quando, per mancanza di spazio, siete costretti a mantenere le ginocchia flesse, probabilmente avete un problema a carico dell’ articolazione femoro-rotulea . Questa costituisce uno dei tre compartimenti articolari in cui siamo soliti dividere il ginocchio, assieme a quello mediale e laterale. La superficie articolare delle rotule , rivestita da cartilagine , è divisa in due parti da una cresta centrale longitudinale, in questo modo la superficie articolare della rotula è congruente con la superficie articolare anteriore del femore, troclea femorale, che presenta un solco centrale che si rapporta, appunto, con la cresta della rotula. La rotula scivola lungo la troclea del femore durante i movimenti di flessione ed estensione del ginocchio, ha la funzione di allontanare il tendine del quadricipite (muscolo che estende il ginocchio) dall’asse del ginocchio attorno a cui avvengono i movimenti di flessione ed estensione. In questo modo aumenta il braccio di leva del quadricipite agevolandone la funzione. La rotula diviene, così, il fulcro della leva, e su di essa vengono scaricate forze importanti, soprattutto durante attività come il salto, la corsa, il sollevarsi dalla posizione accosciata, queste forze possono superare di diverse volte il peso corporeo. Proprio per far fronte a queste sollecitazioni la cartilagine articolare della rotula è la più spessa che possiamo trovare nel corpo umano. La pressione che questa cartilagine deve sopportare è notevole anche per la ridotta superficie articolare della rotula su cui si distribuisce. Tuttavia finché la rotula si muove regolarmente rispetto al femore le sollecitazioni sono ben compensate, nel momento in cui la meccanica dell’articolazione femoro - rotulea risulta alterata per anomalie anatomiche o squilibri muscolari il carico viene concentrato su una superficie più limitata della rotula con aumento della pressione sulla cartilagine e conseguente sofferenza di quest’ultima, dell’osso sottostante e delle parti molli circostanti. Il movimento di scivolamento della rotula rispetto al femore è bilanciato, oltre che dalla morfologia ossea, da una complessa rete di strutture legamentose e muscolo-tendinee. Il dolore rotuleo può avere diversa origine. Spesso, soprattutto in soggetti giovani, non sono evidenziabili alterazioni anatomiche, congenite o acquisite o altra patologia dell’articolazione femoro-rotulea. Si parla genericamente di “ sindrome dolorosa femoro rotulea ” chiamata spesso impropriamente anche condromalacia o condropatia rotulea poichè una patologia cartilaginea non è sempre evidenziabile. Spesso il dolore compare durante attività che possano determinare un sovraccarico articolare, in particolare attività sportive (es. running) ma, talvolta, può presentarsi anche durante le attività della vita quotidiana. In genere il paziente inizia ad avvertire dolore nel salire e soprattutto nello scendere le scale, nel mantenere la posizione seduta con ginocchia flesse a lungo (es. al cinema o su un autobus), nel rialzarsi dalla posizione seduta o nella flessione del ginocchio sotto carico. Al contrario raramente il dolore si manifesta camminando in piano. Il dolore è spesso riferito a livello del margine inferiore ed esterno della rotula, ma talvolta può essere riferito a tutto il ginocchio soprattutto quando vi sia una componente infiammatoria più importante. In genere la sintomatologia è dovuta ad un’anomala distribuzione dei carichi e delle sollecitazioni sulla superficie articolare della rotula. Questo può accadere anche per squilibri della muscolatura agente sulla rotula. In letteratura è riportato l’esempio di un dondolo con troppi bambini su un lato che determinano un’inclinazione del dondolo da quella parte per eccessivo carico. Similmente uno squilibrio delle forze agenti sulla rotula può portare ad un eccesso di carico su una parte della rotula stessa. Il dolore rotuleo inibisce la contrazione del quadricipite, muscolo fondamentale nel controllare lo scorrimento della rotula nella troclea, con conseguente ulteriore e progressivo squilibrio degli stress sull’articolazione femoro-rotulea. La sindrome femoro rotulea è più frequente nel sesso femminile anche per il maggior valgismo del ginocchio, morfologia del ginocchio che sollecita la rotula verso l’esterno con conseguente anomala distribuzione delle forze. Anche la lassità delle strutture legamentose e muscolari, che si osserva più frequentemente nelle donne può comportare squilibri nello scorrimento della rotula nella troclea. Inoltre, un’eccessiva rigidità delle parti molli e dei muscoli agenti sul ginocchio, come la bandelletta ileo-tibiale (ispessimento fibroso della fascia laterale alla coscia che svolge un importante funzione nello stabilizzare il ginocchio e la rotula) e i muscoli posteriori della coscia flessori del ginocchio possono causare uno squilibrio funzionale della rotula con possibile dolore. Bisogna ricordare che gli squilibri della muscolatura che possono alterare la meccanica della femoro rotulea possono anche essere presenti in qualsiasi distretto dell’arto inferiore e vanno ricercati e analizzati nei pazienti con dolore anteriore di ginocchio. Altri fattori che possono favorire l’insorgere di un problema a carico dell’articolazione femoro rotulea, e che non devono essere trascurati, sono alterazioni anatomiche come l' eventuale piattismo del piede e anomalie rotazionali dell’anca. Uno studio per immagini, radiografie e Risonanza magnetica, anche se spesso risulta negativo in questi pazienti, deve essere sempre essere eseguito, soprattutto qualora la sintomatologia fatichi a risolversi, per valutare l’allineamento, la meccanica dell’arto inferiore e la presenza di eventuali patologie della cartilagine articolare della rotula e della troclea femorale Il trattamento della sindrome dolorosa memoro-rotulea è conservativo. Innanzitutto è necessario controllare il dolore, questo può essere ottenuto con terapia medica con antinfiammatori (FANS) che possono essere somministrati sia per via generale che localmente con cerotti appositamente medicati. Nelle fasi acute possono risultare utili applicazioni locali di ghiaccio (sempre protetti con apposita borsa per evitare ustioni) e riposo funzionale. Il paziente deve, infatti evitare attività che possano sovraccaricare l’articolazione femoro-rotulea come la corsa, lo squat, limitare il più possibile la salita e la discesa da scale e tutte le attività che provochino dolore. Nel caso di difetti di appoggio del piede possono essere utili plantari correttivi o idonee calzature per la corsa come scarpe ammortizzate e antipronazione. La fisioterapia ha lo scopo di rilasciare muscoli o tessuti molli che appaiono retratti e potenziare la muscolatura di tutto l’arto, di particolare, oltre al quadricipite la muscolatura dell’anca (muscoli abduttori), anche esercizi per controllare la stabilità del bacino (core stability) risultano utili. Un’accurata analisi del passo ed in particolare della corsa è fondamentale per correggere eventuali difetti tecnico-posturali. Un’altra causa di dolore rotuleo può essere l’ instabilità articolare. Si possono distinguere 2 differenti capitoli: instabilità rotulee potenziali e instabilità rotulee obiettive . Nelle potenziali il sintomo principale è il dolore, non si sono mai osservati episodi di lussazione di rotula (dislocazione della rotula fuori dal suo normale alloggiamento nel femore), o sublussazione (dislocazione parziale della rotula), ma sono presenti delle alterazioni morfologiche dell’articolazione femoro rotulea che possono comprometterne la stabilità: come una superficie articolare del femore piuttosto pianeggiante e quindi meno continente, un’inserzione tibiale eccessivamente laterale del tendine rotuleo che provoca una sollecitazione sulla rotula verso l’esterno, una posizione eccessivamente alta della rotula rispetto la sua normale sede anatomica ed un’inclinazione della rotula rispetto alla superficie articolare del femore. Nelle instabilità obiettive, oltre ad alterazioni della morfologia articolare sono riferiti e documentati uno o più episodi di lussazione di rotula. Il primo episodio di lussazione della rotula è quasi sempre conseguente ad un evento acuto, traumatico, spesso riportato della pratica sportiva. Le alterazioni anatomiche articolari sopra ricordate, ovviamente facilitano la lussazione che può avvenire anche per traumi minori. La lussazione della rotula può determinare la rottura dei legamenti che mantengono la rotula nella sua sede naturale (legamento patello femorale mediale) o lesioni cartilaginee e ossee della rotula stessa e del margine della superficie articolare del femore. La morfologia dell’articolazione femoro rotulea e le eventuali lesioni legamentose e scheletriche devono essere studiate con un completo esame radiografico e di Risonanza Magnetica. Il trattamento del ginocchio doloroso per un’instabilità potenziale di rotulainizialmente è sempre conservativo. Si tratta, oltreché alleviare il dolore con le consuete terapie antalgiche, cercare di stabilizzare l’articolazione femoro rotulea con esercizi di potenziamento muscolare dell’arto inferiore e dell’anca ed esercizi per migliorare la funzione propriocettiva del ginocchio (ossia migliorare le capacità di un pronto intervento muscolare di compenso quando una sollecitazione anomala improvvisa venga esercitata sull’articolazione). Anomalie anatomiche biomeccaniche come ad esempio un piede pronato devono essere corrette utilizzando plantari o idonee calzature. Solamente quando la sintomatologia non risponda al trattamento conservativo condotto in modo corretto per un adeguato periodo può esservi un’indicazione alla correzione chirurgica degli eventuali fattori di instabilità. A seconda della situazione anatomica e funzionale saranno scelti ed eventualmente combinati fra loro interventi che correggono anomalie delle part molli (ricostruzioni e plastiche capsulo legamentose mediali, sezione delle strutture laterali retratte, “laterale relise”) e i dismorfismi dello scheletro (trasposizione mediale e distale della tuberosità tibiale o in casi gravi ripristino della morfologia della troclea femorale “trocleoplastica”). Nel caso di lussazioni della rotula, il trattamento del primo episodio di lussazione è in genere conservativo , favorendo la guarigione spontanea della lesione legamentosa con immobilizzazione o l’utilizzo di tutori per un periodo, in genere limitato. Nel caso in cui, l’esame radiografico o la RM evidenziassero un distacco di un frammento cartilagineo o osseo dalla rotula o dal margine della troclea femorale, questi dovranno essere trattati chirurgicamente con la riparazione della lesione o con l’asportazione del frammento se la riparazione non fosse possibile. In questi casi anche la lesione legamentosa dovrebbe essere riparata. In ogni caso il programma di fisioterapia andrà iniziato precocemente per conservare l’articolarità e la forza muscolare, in particolare del quadricipite. Bisogna ricordare che dopo un episodio di lussazione di rotula trattato conservativamente il rischio di recidiva è aumentato del 20-40%, poiché le strutture legamentose lesionate, pur andando incontro a guarigione risultano meno efficienti nel mantenere la stabilità articolare. Il rischio è particolarmente consistente in soggetti adolescenti. Nei soggetti che abbiano riportato più di un episodio distorsivo è indicato il trattamento chirurgico , non solo per risolvere l’instabilità articolare, ma anche per proteggere la cartilagine da ulteriori danni che potrebbero condurre allo sviluppo di processi degenerativi e quindi ad un’artrosi con il passare del tempo. In questi casi non è più possibile una riparazione primari dei legamenti lesionati, ma bisogna ricorrere a una ricostruzione legamentosa utilizzando in genere strutture tendinee prelevate dallo stesso paziente o da donatore (allotrapianti). Ovviamente eventuali deformità scheletriche favorenti l’instabilità andranno corrette. I tempi di recupero possono variare fra i 6 e i 9 mesi a seconda dell’intervento, del programma di riabilitazione e del decorso clinico e funzionale. Nel caso di danno o perdita della cartilagine articolare in seguito agli episodi di instabilità potrebbe esserci l’indicazione a riparare la lesione o sostituire la cartilagine danneggiata con trapianti cartilaginei prelevati dallo stesso soggetto da aree articolari con carico limitato (autotrapianti) o da donatore in caso di lesioni più estese (allotrapianti). Difetti cartilaginei contenuti possono essere anche colmati con tecniche di rigenerazione cartilaginea. Infine, come causa di dolore rotuleo dobbiamo considerare l’ artrosi dell’articolazione femoro-rotulea. La sintomatologia non differisce da quella determinata dalle altre cause di dolore rotuleo. La differenza sostanziale che permette la diagnosi di artrosi è la perdita significativa di cartilagine articolare dalle superfici del femore e della rotula. Se il danno cartilagineo fosse esteso anche agli altri compartimenti articolari del ginocchio, mediale e laterale si dovrebbe parlare più generalmente di gonartrosi e l’approccio di cura sarebbe differente. L’artrosi femoro rotulea può avere origine differente. Infatti può svilupparsi in seguito ad un evento traumatico interessa n te la cartilagine della rotula e\o della troclea femorale (es. fratture); può essere conseguente ai ripetuti episodi di sublussazione o lussazione che si verificano nelle instabilità rotulee croniche, o come può avvenire in tutte le altre articolazioni può essere primaria, quando non si trova una causa precisa, sovraccarico, aging etc. In questi ultimi casi è possibile che sia il primo segno di un’artrosi che interesserà successivamente tutta l’articolazione del ginocchio. Il trattamento dell’artrosi femoro-rotulea inizialmente è sempre conservativo. Modificare lo stile di vita è fondamentale. Spesso la perdita di peso può migliorare la sintomatologia. Le attività fisico-sportive come la corsa e il salto , che sollecitano particolarmente l’articolazione femoro-rotulea , dovrebbero essere sostituite da attività a minore impatto articolare come il nuoto, lo sci da fondo, etc. La terapia medica con protettori della cartilagine e antinfiammatori al bisogno può essere utile. Infiltrazioni articolari con cortisone possono essere di beneficio nel caso di infiammazione articolare con versamento. L’utilizzo di acido ialuronico (viscosupplementazione), lubrificando l’articolazione può migliorare la sintomatologia. Infiltrazioni con plasma arricchito (PRP) o cellule staminali danno buoni risultati funzionali, ma non sono in grado di rigenerare la cartilagine articolare risolvendo il danno anatomico come tutti le cure conservative oggi a nostra disposizione. Nel caso di insuccesso del trattamento conservativo può essere indicato il trattamento chirurgico. Qualora la patologia interessi esclusivamente l’articolazione femoro-rotulea l’impianto di una protesi parziale che sostituisce la cartilagine danneggiata del femore e della rotula, conservando gli altri compartimenti articolari può dare ottimi risultati. Nel caso di artrosi secondaria ad instabilità femoro rotulea può essere necessario associare anche un intervento di riallineamento a livello delle parti molli o delle strutture scheletriche , come previsto nei casi di instabilità, per ridurre il rischio di ulteriore sublussazione o lussazione rotulea.
04 lug, 2022
Si tratta di una disfunzione dolorosa della spalla caratterizzata dalla deposizione di sali di calcio nei tendini della cuffia dei rotatori. L’origine della malattia è sconosciuta: è stato ipotizzato che una possibile ischemia del tendine con il conseguente ridotto apporto di ossigeno (ipossia) e modificazioni del pH del tessuto indurrebbero il depositarsi dei sali di calcio. La malattia colpisce prevalentemente il sesso femminile tra i 30 ed i 50 anni. Spesso è bilaterale. Il tendine più colpito è il sovraspinato e le calcificazioni si localizzano soprattutto in prossimità dell’inserzione del tendine. L’evoluzione della malattia può essere distinta in tre stadi: precalcifico, calcifico e post-calcifico. Stadio precalcifico: è asintomatico ed è caratterizzata da una trasformazione (metaplasia) delle cellule del tendine (tenociti) in cellule della serie cartilaginea (condrociti). Gli iniziali depositi di calcio sono contenuti in vescicole all’interno dei condrociti. Stadio calcifico: diviso in una fase formativa dove le calcificazioni tendono ad unirsi formando depositi di maggiori dimensioni che si presentano alle radiografie come formazioni dense ed omogenee. Questa fase può essere asintomatica, oppure può esservi dolore moderato con difficoltà del paziente a eseguire movimenti di elevazione della spalla. Dopo un periodo variabile, inizia la fase di riassorbimento, le calcificazioni iniziano ad essere riassorbite, questo processo causa una reazione infiammatoria. All’esame radiografico le calcificazioni appaiono disomogenee. Il dolore è intensissimo con grave limitazione della funzionalità della spalla. Stadio post-calcifico: il tessuto tendineo va incontro a una progressiva ricostruzione recuperando una struttura normale. La sintomatologia tende a regredire progressivamente Diagnosi La diagnosi clinica viene confermata da un esame radiografico che consente di identificare le calcificazioni ed il loro stadio evolutivo. Un’ecografia e ed una Risonanza Magnetica possono fornire ulteriori informazioni, ma non sono essenziali per la diagnosi. Trattamento La terapia è essenzialmente conservativa: trattamento farmacologico con anti-infiammatori ed analgesici soprattutto nella fase acuta di dolore. Programma di fisioterapista che ha l’obiettivo oltre che di ridurre la sintomatologia dolorosa, di prevenire l’istaurassi di rigidità articolari. Particolarmente utile possono risultare la terapia manuale e l’esercizio terapeutico. Le onde d’urto stimolano la rigenerazione tendinea oltre ad avere effetto antalgico. Nel caso del persistere della sintomatologia può essere indicato il trattamento chirurgico di asportazione della calcificazione per via artroscopica.
04 lug, 2022
È una delle cause più frequenti di dolore alla spalla. Comprende una serie di patologie a carattere infiammatorio/degenerativo che interessa i tessuti molli contenuti in una regione anatomica ristretta, chiamata spazio sub-acromiale. I tessuti molli in questioni sono i tendini dei muscoli rotatori della spalla che si uniscono a formare una struttura tendinea chiamata cuffia dei rotatori che si inserisce sull’omero, una borsa sierosa, che ne agevola lo scorrimento, e il tendine del capo lungo del bicipite. Lo spazio sub-acromiale è compreso tra una salienza della scapola, chiamata acromion (regione delle spalline degli abiti), e la testa dell’omero. Nel caso di conflitto sub-acromiale si determina un difetto di scorrimento fra le strutture comprese nello spazio sub acromiale e le strutture ossee che le contengono, acromion e testa dell’omero. Il conflitto può dipendere da fattori differenti: infiammazione dei tendini che quindi aumentano di volume, deformità dell’acromion e della testa omerale o alterata meccanica della spalla. La malattia in genere inizia con infiammazione delle parti molli in particolare della borsa che successivamente diviene cronica e si associa ad un interessamento dei tendini, e fino a qui la patologia è risolvibile con le opportune cure, ma se lasciata a sé può evolvere verso un quadro di degenerazione dei tendini che possono andare incontro a rottura con grave conseguenze funzionali per la spalla. Sintomi Il sintomo principale è il dolore che si manifesta al movimento della spalla in particolare all’elevazione dell’arto superiore fra i 60 e 120° e si accentua soprattutto la notte durante il riposo. L’articolarità della spalla si riduce da prima per difesa del paziente che vuole limitare il dolore, poi per retrazione delle parti molli. Nel caso di rottura dei tendini della cuffia compare una limitazione dovuta ad un deficit di forza. Diagnosi È una diagnosi clinica, tuttavia un esame radiografico deve essere eseguito per valutare alterazioni morfologiche scheletriche e la presenza di calcificazioni patologiche. Per lo studio dei tessuti molli è necessario eseguire un’ecografia o una Risonanza Magnetica. Trattamento Nelle fasi iniziali deve essere impostato una terapia farmacologica con farmaci antinfiammatori non steroidei o eventualmente dei corticosteroidi. La terapia fisica con laser e tercarterapia a scopo antinfiammatorio e antalgico può essere utile. Nel caso di dolore particolarmente invalidante può essere eseguita un’infiltrazione con cortisone associato ad anestetico. Successivamente sono fondamentali esercizi di mobilizzane della spalla per mantenere l’articolarità, esercizi di tonificazione e potenziamento muscolare, in particolare i muscoli extrarotatori, e una rieducazione della spalla ad una corretta cinetica del movimento. I casi in cui gli esami abbiano evidenziato alterazione strutturali in grado di provocare lesioni irreversibili della cuffia o in caso di mancata risposta alle terapie conservative può essere indicato un trattamento chirurgico di decompressione sotto-acromiale, in genere mininvasivo eseguito in artroscopia.
04 lug, 2022
La cuffia dei rotatori è una struttura formata da muscoli (sottoscapolare, sovraspinato, sottospinato e piccolo rotondo) che si originano dalla scapola, e dai relativi tendini che si fondono fra loro, formando una sorta di cuffia che riveste la testa dell’omero (parte dell’omero che si articola con la scapola). Ha la funzione di fornire stabilità all’articolazione fra la scapola e la testa dell’omero, permettendone al tempo stesso tutti i movimenti. La patologia della cuffia dei rotatori e la sua rottura sono una condizione molto frequente, soprattutto con il passare dell’età. Queste lesioni sono spesso asintomatiche, ma possono provocare anche un’importante sintomatologia dolorosa e una limitazione funzionale, talvolta grave. I fenomeni degenerativi a carico del tessuto tendineo della cuffia, che ne possono determinare la rottura, sono spesso legati all’invecchiamento. Infatti la vascolarizzazione della cuffia, già precaria in origine, peggiora con l’età e l’associazione di intense sollecitazioni dovute all’attività lavorativa e sportiva porta, con il trascorrere del tempo, ad un indebolimento del tendine fino alla sua rottura. Anche alterazioni anatomiche dell’acromion o della testa dell’omero configuranti la sindrome da conflitto sub-acromiale, possono provocare nel tempo una degenerazione della cuffia per la frizione che vi esercitano durante i movimenti della spalla. Esistono anche forme, più rare, di rottura della cuffia dei rotatori su base traumatica, questo avviene soprattutto in pazienti più giovani. Tuttavia bisogna ricordare come la rottura del tendine possa essere facilitata da un tessuto già indebolito da processi degenerativi. La rottura della cuffia difficilmente va incontro ad una guarigione spontanea, anzi tende a peggiorare, in tempi che non sono prevedibili. Nel caso di rotture massive della cuffia dei rotatori la testa dell’omero, non più stabilizzata, si sposta in alto verso l’acromion e si può instaurare un quadro di artrosi scapolo omerale. Sintomi Sono molto variabili, si può andare da casi pressoché asintomatici a gravi quadri di compromissione funzionale della spalla. In genere il paziente lamenta una limitazione o difficoltà del movimento attivo dovuta alla mancanza della funzione del tendine. Il deficit di forza dipende dal muscolo il cui tendine è lesionato. La difficoltà di movimento attivo può evolvere anche verso quadri molto gravi definiti come spalla pseudoparalitica. Diagnosi La diagnosi clinica deve essere confermata e completate da uno studio per immagini. Le radiografie possono essere negative nel caso di piccole lesioni incomplete della cuffia. Lo studio con l’ecografia e soprattutto con la Risonanza Magnetica, che evidenziano i tessuti molli, possono fornire informazioni importanti riguardo i muscoli e i tendini della cuffia dei rotatori. Trattamento La terapia conservativa è indicata nelle fasi iniziali di infiammazione/degenerazione dei tendini della cuffia, nel caso di lesioni parziali o anche di lesioni massive quando l’età del paziente non renda proponile il trattamento chirurgico. Consiste nel controllo del dolore e nel miglioramento della funzionalità della spalla. Il dolore viene controllato con farmaci anti-infiammatori ed analgesici, eventuali infiltrazioni con cortisone, qualora vi sia un importante componente infiammatoria. La terapia fisica (tecarterapia) può essere utile. La funzionalità della spalla richiede un trattamento rieducativo che miri al recupero delle capacità residue del movimento della scapolo omerale e nel migliorare il movimento della spalla nel suo insieme enfatizzando i movimenti della scapola rispetto al torace e della colonna vertebrale. Nei soggetti giovani e attivi è indicato il trattamento chirurgico, anche per prevenire l’estensione della lesione nel tempo. L’intervento, praticato in artroscopia consiste nella reinserzione dei tendini interrotti alla testa dell’omero. Successivamente è necessario indossare un tutore per circa un mese, in questo periodo saranno eseguiti solo movimenti limitati. Esercizi per il recupero della mobilità e esercizi attivi di tonificazione muscolare saranno inseriti nel programma riabilitativo nelle settimane successive e con intensità progressiva. Nei casi più gravi di lesione massiva della cuffia con quadro di spalla pseudo-pralitica può essere indicato l’impianto di una particolare protesi di spalla che permette il recupero della funzione del muscolo deltoide (protesi inversa).
04 lug, 2022
L’artrosi, definita anche osteoartrosi (OA) o degenerative joint disease (DJD)’ è una malattia articolare cronica caratterizzata da degenerazione e usura progressiva della cartilagine articolare (strato cartilagineo che riveste i capi ossei articolari). Anche il tessuto osseo sottostante alla cartilagine (osso subcondrale) è coinvolto nella malattia e reagisce con formazione di nuovo tessuto osseo a livello subcondrale e ai margini dell’articolazione. Le lesioni osteocartilaginee sono progressive ed irreversibili. Il ginocchio è una delle articolazioni più frequentemente colpite dall’artrosi. Questa veniva considerata come una normale conseguenza dell’invecchiamento, ma in realtà la sua insorgenza è causata dall’interazione tra diversi fattori costituzionali e acquisiti, anche se è, comunque, accertato che vi sia un incremento dell’incidenza dell’artrosi con l’età a partire dai 30 anni. Classificazione La gonartrosi e l’artrosi in generale può essere divisa in due forme: idiopatica (o primitiva) e secondaria. L’artrosi è idiopatica quando non se ne conosce con certezza l’origine. L’artrosi secondaria riconosce diverse condizioni che possono determinare, o predisporre allo sviluppo della malattia: -Pregressi traumi interessanti direttamente l’articolazione. -Pregressi interventi chirurgici sul ginocchio, in particolare la meniscectomia che pure può indurre un sovraccarico sul compartimento articolare interessato privo del menisco. -Fattori meccanici: sovraccarichi o sollecitazioni croniche dovute all’attività lavorativa e sportiva (microtraumatismo) -Patologie congenite o acquisite dell’accrescimento (displasie o deviazioni assiali) -Patologie reumatiche -Patologie sistemiche come diabete, obesità, acromegalia Inoltre non può essere esclusa anche una componente genetica. Sintomatologia La sintomatologia inizialmente è subdola, il dolore è il sintomo di esordio, inizialmente è intermittente, peggiora con l’attività fisica e migliora con il riposo. Con il progredire della malattia il dolore tende a essere presente anche a riposo e durante la notte. Un altro sintomo è la rigidità articolare, che si manifesta al risveglio o dopo riposo prolungato, tendendo a migliorare con il movimento. Un elemento di disabilità è la riduzione dell’articolarità che può essere secondaria inizialmente a contrattura muscolare di protezione per evitare il dolore, e successivamente a retrazione dei tessuti molli periarticolari e alla deformità dell’osso che si osserva nelle fasi più avanzate della malattia. In genere il ginocchio è atteggiato in flessione con impossibilità a raggiungere l’estensione completa. Talvolta si può osservare tumefazione dell’articolazione per ispessimento dei tessuti periarticolari e per la presenza di versamento articolare dovuto a un’eccessiva produzione di liquido sinoviale all’interno dell’articolazione. Diagnosi Può essere difficoltosa nelle fasi iniziali della malattia quando l’esame clinico non da informazioni e quello radiografico è ancora silente. Tuttavia lo studio radiografico è prezioso per valutare eventuali deviazioni assiali che possono essere causa di danni cartilaginei da sovraccarico. La RM consente di identificare lesioni cartilaginee in fase iniziale ed eventuali lesioni anche dell’osso subcondrale. Trattamento Una diagnosi precoce è fondamentale per potere impostare una corretta terapia conservativa con buone possibilità di controllare con successo la sintomatologia e l’evoluzione della malattia. Si tratta innanzitutto di educare i pazienti a uno stile di vita non sedentario e ad una corretta dieta, non solo per controllare il peso corporeo riducendo il carico sulle ginocchia, ma anche per contrastare i processi infiammatori e lo stress ossidativo che caratterizzano molte patologie cronico-degenerative dipendenti dallo stile di vita, fra cui appunto la gonartrosi. Nelle prime fasi della malattia la chinesiterapia di mobilizzazione articolare e di tonificazione muscolare può ridurre la sintomatologia e migliora il quadro funzionale, particolarmente efficace risultano gli esercizi eseguiti in acqua ( idrochinesiterapia ) che sfruttano l’ambiente antigravitario dell’immersione e l’azione rilassante dell’acqua a idonea temperatura, Anche le terapie fisiche come tecarterapia, laser, ultrasuonoterapia ed elettroterapia antalgica possono risultare utili per ridurre il dolore. Da un punto di vista farmacologico i farmaci anti infiammatori non steroidei (FANS) e gli antalgici sono le uniche armi di cui disponiamo, non esistendo trattamento specifici in grado di arrestare o prevenire la progressione dell’artrosi. La terapia infiltrativa articolare può utilizzare differenti prodotti: - cortisone viene utilizzato con attenzione, per il tempo più breve possibile nel caso vi sia un’importante componente infiammatoria con versamento articolare. - acido ialuronico , in genere, utilizziamo un acido ialuronico con elevato o medio peso molecolare che hanno mostrato ottimo effetto terapeutico in termini di riduzione del dolore e miglioramento della funzionalità articolare, con una o due somministrazioni ogni 12 mesi. - PRP nel caso di insuccesso della terapia con acido ialuronico utilizziamo il PRP ovvero una soluzione ad elevata concentrazione di piastrine ottenuta dalla centrifuga del sangue del paziente prelevato per via endovenosa. Il contenuto di fattori di crescita delle piastrine è in grado di migliorare la sintomatologia. Il PRP può essere associato alla somministrazione dell’acido ialuronico migliorandone i risultati. - Cellule mesenchimali sono ottenuto da un prelievo di tessuto adiposo dall’addome che viene processato ed iniettato in articolazione. Il loro potenziale di riparazione e rigenerazione dei tessuti determina un miglioramento del quadro clinico e sembra ritardare l’evoluzione dei processi artrosici. È importante ricordare che nessuna di queste terapie è oggi in grado di rigenerare la cartilagine articolare , ma possono migliorare l’ambiente articolare con conseguente riduzione della sintomatologia. Per un risultato soddisfacente tutti questi provvedimenti possono essere associati fra loro secondo un piano di terapia specifico per ogni paziente. Terapia chirurgica Quando la terapia conservativa non è più in grado di controllare la sintomatologia e il paziente presenta un’invalidità tale da ridurre in modo importante la sua qualità di vita vi è indicazione alla sostituzione protesica del ginocchio. Tuttavia bisogna sempre ricordare che con una protesi di ginocchio le attività fisiche sono comunque limitate (sono sconsigliate tutte le attività sportive ad elevato impatto), le protesi hanno una loro durata (mediamente 15 anni) e costituiscono comunque un intervento importante non esente da complicanze. Per pazienti ancora giovani e con elevata richiesta funzionale esistono anche altre soluzioni chirurgiche che mirano dare al paziente, almeno per qualche tempo, una buona qualità di vita, mantenendo un adeguato livello di attività. -il debridement artroscopico del ginocchio, oggi meno praticato che in passato ha solo uno scopo palliativo, non garantendo buoni risultati a medio e lungo termine. Trova indicazione in casi selezionati con lo scopo di eliminare eventuali spine irritative presenti nell’articolazione come detriti, frammenti cartilaginei e comunque effettuando un lavaggio articolare che elimina le citochine proinfiammatorie presenti nel liquido sinoviale. -Il trattamento di lesioni cartilaginee con tecniche di tipo riparativo- ricostruttivo è indicato solo in presenza di un danno focale circoscritto della superficie articolare. - L’osteotomia ossia la correzione chirurgica di una deviazione assiale del ginocchio trova indicazione In pazienti giovani con artrosi secondaria a un mal allineamento del ginocchio (ginocchio varo valgo) che determina un sovraccarico sul rispettivo compartimento articolare del ginocchio. Inoltre nel caso in cui l’artrosi sia provocata dall’assenza del menisco possono essere inseriti nell’articolazione degli spaziatori di materiale elastico come cuscinetti ammortizzanti.
Lesioni del menisco
15 giu, 2022
Quando si parla di lesioni del menisco si pensa sempre a lesioni di poca importanza, facilmente risolvibili con completo recupero in tempi brevi. Questo perché la fonte principale di informazione riguardo alla patologia meniscale sono i quotidiani sportivi, dove spesso si legge di atleti, che hanno riportato lesioni del menisco, che vengono operati e tornano in campo come prima o meglio di prima in tempi eccezionalmente brevi. In realtà il problema non è cosi semplice e merita di essere conosciuto in modo più dettagliato.
Lesione legamento crociato anteriore
15 giu, 2022
Il legamento crociato anteriore e il legamento crociato posteriore sono due strutture fibrose molto resistenti che si trovano al centro del sistema legamentoso del ginocchio, la loro funzione è di stabilizzare l’articolazione, soprattutto nei movimenti di rotazione e il controllo della complessa meccanica del movimento di flessione ed estensione del ginocchio.
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